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Per un dialogo con Dio

Riflessioni sulla preghiera





Questo studio sulla preghiera riporta integralmente il contenuto del libro "PER UN DIALOGO CON DIO" di GUY APPÈRÉ - Edizioni E. P. - C. P. 20 - Finale Ligure (SV)




Capitolo 5: Il modo di pregare






1. Introduzione

2. Come pregare?

2.a Pregare con lo Spirito

2.b Pregare con intelligenza

 




1. Introduzione

La coscienza del nostro stato di creatura, di peccatore e di figlio davanti al Signore che è nel contempo il Creatore Onnipotente, il Dio tre volte santo così lontano, e il Padre così vicino, deve collocarci nello spirito conveniente, sulla soglia della preghiera.

D’altra parte, affinché questo esercizio spirituale abbia tutta l’efficacia e la ricchezza di benedizioni possibile, dobbiamo ricordare che Dio ha una conoscenza perfetta di tutte le circostanze, oltre che uno scopo preciso per la nostra vita.

Nella preghiera, nella Sua comunione e per la Sua gioia, dobbiamo dunque cercare di entrare nel Suo piano e di non ostinarci nel pretendere da Lui la soddisfazione di quelle che noi crediamo essere le nostre necessità.

Cosicché siamo giunti, a poco a poco, a un’idea più giusta della preghiera, della sua natura e motivi e obiettivi, e pertanto ci troviamo guidati nella comprensione del modo conveniente di pregare.

2. Come pregare?

La risposta ce la danno queste parole dell’Apostolo: «Io pregherò con lo Spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza» (1ª Cor. 14:15).

Si tratta di un’affermazione di ordine generale che, senza entrare nei dettagli né comprendere tutti gli aspetti della questione, ci introduce tuttavia ad una comprensione sufficiente del nostro soggetto.

Senza dubbio, in questa lettera ai Corinzi, Paolo adopera l’espressione «pregare con lo Spirito» in un’occasione alquanto particolare. Ma tale formula possiamo prenderla in senso lato: allora essa ha il vantaggio di riunire in una frase i due elementi che condizionano tutta la tecnica, tutto il meccanismo della preghiera la cui importanza non può sfuggire ai cristiani.

2.a Pregare con lo Spirito

Non c’è vera preghiera senza l’assistenza effettiva dello Spirito di Dio.



Può accadere che noi preghiamo senza lo Spirito: ma allora le nostre non sono più che delle «vane ripetizioni»: delle formule stereotipate che si ripetono in buona fede pensando a quanto si va dicendo, certamente, ma che tuttavia, a furia di ripetizioni, forse non hanno più gran che in comune con lo Spirito che le aveva dapprincipio ispirate.

Si può sciorinare davanti a Dio tutta una sfilza di richieste senza che lo Spirito vi entri minimamente.

Una certa abitudine o una certa meccanica del nostro spirito sono più che sufficienti. Si può ripetere una determinata preghiera senza sentirsi veramente alla presenza di Dio.

Se una preghiera delle labbra non è necessariamente anche del cuore, una preghiera del cuore non è necessariamente anche dello Spirito o nello Spirito.

In tal caso, la preghiera può tenere il posto d’un tranquillante psicologico. In questo senso può avere una certa azione diretta su noi stessi, ma non oltrepassa la portata della nostra voce e soprattutto non ha alcun effetto su Dio.

«Pregare con lo Spirito» non è un lusso accessibile soltanto a qualche grande cristiano.
Pregare con lo Spirito è «
pregare» tout court.
Non c’è preghiera efficace, non c’è nemmeno preghiera, se lo Spirito è assente.

Perché una preghiera sia davvero efficace, vale a dire, perché possa trovare esaudimento, occorre che essa sia conforme alla volontà di Dio.

Dio non può rispondere alla domanda estranea al bene di colui che la formula, ossia che non corrisponde al pensiero perfettamente saggio di Dio.

Legarci a questa condizione non significa subire una restrizione, bensì assicurarci la migliore delle garanzie, una salvaguardia inestimabile contro la nostra ignoranza e le nostre illusioni.

Solo che non sempre noi conosciamo questo pensiero di Dio.

L’apostolo Paolo, che pure aveva una profonda esperienza di Dio, lo riconosce: «Noi non sappiamo pregare come si conviene» (Rom. 8:26).

Ma, lungi dal trarre da questa constatazione un pretesto allo scoramento, egli vi scopre la ragione dell’intervento dello Spirito Santo: «Lo Spirito sovviene alla nostra debolezza» (Rom. 8:26). L’aiuto dello Spirito è assolutamente essenziale.

Ai Corinzi, il medesimo apostolo ispirato scrive: «Nessuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio» (1ª Cor. 2:11).

Egli solo, che conosce la volontà misteriosa di Dio, può condurre la nostra preghiera nel senso di questa volontà.

L’intervento dello Spirito nella nostra preghiera si manifesterà dunque mediante il discernimento.

Questo sarà il suo primo effetto sulla nostra preghiera, ed ecco perché è importante in modo tutto particolare l’atteggiamento di ascolto, di attesa silenziosa e attenta.

Paolo pregava con lo Spirito: nella comunione con lo Spirito, nella ricerca del Suo pensiero, in una piena apertura alla sua influenza. Così si spiega precisamente tale intervento di Dio, che interrompe le supplicazioni, peraltro ben legittime, dell’apostolo, quando egli chiede di essere liberato dalla «scheggia messa nella sua carne» (2ª Cor. 12:7), cioè dalla malattia che lo affliggeva.

È ugualmente dallo Spirito che la donna sirofenicia fu condotta all’esperienza inversa, ad insistere presso Gesù per la guarigione della figlia, nonostante ogni ostacolo incontrato sulla sua strada, e ad insistere fino a guarigione ottenuta (Matt. 15:21-28).

Non è possibile, dunque, enunciare una regola generale.

La volontà di Dio nei confronti di uno dei Suoi figli non è la volontà di Dio nei confronti di un altro.
Essa rimane misteriosa, supera infinitamente la nostra comprensione.

Solo lo Spirito la può sondare e farcela conoscere. Soltanto nella Sua comunione potremo scoprirla, potremo davvero pregare.

«Pregare nello Spirito»: lo Spirito è, in un certo qual modo, il luogo della preghiera; potremo dire l’atmosfera.
Dobbiamo essere avvolti, immersi nello Spirito, perché possa penetrarci e illuminarci.

È Lui che produrrà in noi le disposizioni essenziali alla preghiera da noi descritte nel primo capitolo.

Senza di Lui, non avremo mai il sentimento di umiltà della creatura al cospetto del Creatore, del peccatore al cospetto del Dio santo. È Lui che «ci convince di peccato» (Giov. 16:8).

Senza di Lui nemmeno potremmo conoscere questo atteggiamento di semplicità e di libertà del fanciullo davanti al Padre, perché è ancora per mezzo Suo che possiamo dire a Dio: «Padre» (Rom. 8:15).

Lo Spirito Santo c’è anche per aiutare coloro che non sanno pregare.

La preghiera dunque potrà essere indirizzata a Dio dall’uomo semplice come dal sapiente,

da chi fatica esprimersi come da chi ha la parola facile.

La vera preghiera è l’opera dello Spirito.

2.b Pregare con intelligenza

Tuttavia, noi non abbiamo alcun diritto di ridurre tutta la realtà della preghiera ad uno solo dei suoi aspetti, fosse pure il più esaltante.
La verità che ci presenta l’apostolo ha due facce che corrispondono e si completano e si equilibrano.

«Io pregherò con lo Spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza» (1ª Cor. 14:15).

Non si dovrebbe credere che Dio si sostituisca alla nostra personalità o circuisca la nostra intelligenza.

Lo Spirito Santo non sostituisce il nostro spirito.

Non lavora al posto della nostra intelligenza, bensì attraverso essa.

Dio ha creato un uomo: corpo, cuore, coscienza, ragione, anima, spirito.
Non è soltanto una parte di questa indissociabile unità, è l’uomo tutto intero che dev’essere consacrato a Dio, servirLo, pregarLo.

Nella preghiera, l’intelligenza è attiva allo stesso titolo del cuore e delle labbra. Ha una funzione capitale da assolvere (Rom. 12:2).

Uno dei grandi problemi, ancora una volta, è quello di sapere che cosa chiedere.

Abbiamo ricordato che lo Spirito viene in nostro aiuto.

Ma come interviene, come può esprimersi, rivelarci quello che dobbiamo chiedere?

Dobbiamo attendere una voce dal cielo o confidare in una voce interiore?

Ci rendiamo perfettamente conto che, in teoria, l’assistenza dello Spirito è assolutamente essenziale, ma abbiamo altresì coscienza che, in pratica, tale assistenza pone molti problemi e spalanca la porta a molti pericoli.

In essa può facilmente insinuarsi colui che primo è interessato a falsare la nostra preghiera per rovinarla: l’avversario di Dio e delle nostre anime.

Lo Spirito soffia dove vuole, come il vento (Gv 3:8), ha detto Gesù. Se ne intende il rumore ma non si sa donde venga né dove vada: in altri termini, è impossibile concepire le vie dello Spirito soltanto con la nostra logica. Non si può spiegarle, analizzarle, dedurne delle leggi generali.

Lo Spirito sfugge ai nostri calcoli, e questo spiega la nostra perplessità davanti alle esperienze (o presunte tali) di certi cristiani, le nostre esitazioni, il nostro stesso disagio davanti alle loro certezze che ci impediscono di associarci alle loro preghiere.

Essi possono affermare che Dio ha parlato loro, ha dato loro questa o quella promessa o assicurazione o luce: ma noi restiamo dubbiosi, abbiamo la vaga impressione che ciò possa non essere da Dio.

Non ci si sente pienamente liberi neppure di esprimere tale disagio, di mettersi in guardia.

In fin dei conti,
«tutto è possibile a Dio» e «lo Spirito soffia dove vuole».

Secondo quale criterio si potrebbe giudicare lo Spirito, in nome di quale logica si potrebbe opporsi a colui che si dicesse guidato dallo Spirito?

E un problema reale, e non sempre di facile soluzione. Neppure è nuovo.

Lo incontriamo forse nei
capitoli 20 e 21 degli Atti degli Apostoli. Paolo è persuaso dallo Spirito a salire a Gerusalemme: «Ecco che ora, legato dallo Spirito, vado a Gerusalemme» (Atti 20:22).
E d’altronde i discepoli
«mossi dallo Spirito, dicevano a Paolo di non metter piedi in Gerusalemme» (Atti 21:4).

E tuttavia Dio non ci ha lasciati nell’oscurità completa. Egli ci ha dato dei fratelli per provare la nostra ispirazione, il nostro convincimento interiore.

La regola enunciata da Paolo nella sua lettera ai Corinzi trova certamente qui, la sua applicazione: «Parlino due o tre profeti, e gli altri giudichino; e se una rivelazione è data a uno di quelli che stanno seduti, il precedente si taccia. Poiché tutti, uno ad uno, potete profetare; affinché tutti imparino e tutti sian consolati; e gli spiriti dei profeti son sottoposti ai profeti» (1ª Cor 14:29-33).

I fratelli non sono di necessità la voce di Dio, ma grazie allo Spirito medesimo che è in loro, possono illuminare coloro che vogliano lasciarsi illuminare, confermare una convinzione personale, od al contrario mettere in guardia.

È forse per questo che, quando uno è malato, gli si consiglia di chiamare dei fratelli per pregare (Giac. 5:14-16).
Non certo per la ragione che la preghiera di due o tre o quattro abbia maggiori possibilità di successo rispetto a quella d’uno solo dei figli di Dio: «Molto può la supplicazione del giusto» (Giac. 5:16), ma per il fatto che essa esige l’esercizio di un certo discernimento. La malattia, come Giacomo suggerisce, può essere cagionata, in certi casi, da un peccato particolare, la detenzione o la confessione del quale esigono una certa riflessione nella preghiera.

Due o tre fratelli riuniti in preghiera potranno comprendere il pensiero dell’Eterno meglio di uno solo. L’intelligenza, la riflessione nella preghiera, saranno i mezzi impiegati dallo Spirito per rivelarsi.

Questo problema sottolinea, notiamolo seppur di sfuggita, la necessità della Chiesa, di un corpo locale per l’istruzione e lo sviluppo del cristiano, per un normale cammino «nello Spirito di Dio» (Efes. 4:11-16).

Soprattutto, Dio ci ha dato la Sua Parola.

Lo Spirito che ci ispira, che parla al nostro cuore attraverso la coscienza nostra o quella dei fratelli, è il medesimo Spirito che ha ispirato la Bibbia.

Lo Spirito che parla a noi, parla anche nelle Sacre Scritture, e queste due voci non possono contraddirsi. Egli non può dirci nulla che contraddica quanto afferma nella Bibbia: «Lo Spirito stesso attesta insieme col nostro spirito» (Rom. 8:16).

Noi avremo dunque nel Libro - ed anche qui i fratelli potranno intervenire per aiutarci a comprenderlo ed interpretarlo - dei criteri, dei punti di riferimento per provare ogni convinzione e determinare se essa viene dallo Spirito di Dio oppure dal nostro spirito (Efes. 3:18).

Questo richiede ben di sicuro uno studio serio ed intelligente della Parola di Dio: suppone una certa conoscenza delle voci di Dio rivelate nel suo Libro, una certa intimità con Dio.

Se tale conoscenza non l’abbiamo, o perché siamo ancora giovani nella fede, perché non abbiamo avuto occasione di approfondire la conoscenza stessa, allora lo Spirito potrà intervenire direttamente per mezzo d’una certa intuizione spirituale: che d’altra parte occorrerà ancora provare, con l’aiuto di veri fratelli, quando sarà possibile (1ª Giov. 4:1).

Ma se noi abbiamo questa conoscenza della Sua Parola, oppure abbiamo l’occasione di acquisirla - e noi siamo esortati a crescere nella conoscenza per raggiungere lo stato di adulti spirituali - allora Dio farà appello a questa intelligenza illuminata, ci inviterà alla riflessione che ci condurrà a provare i nostri pensieri alla luce delle Scritture (Efes. 4:13-15).

Dio non fa miracoli inutili: non ha creato l’intelligenza umana per poi scartarla al momento della sua nuova nascita. Al contrario, la illumina, la santifica e l’utilizza per il suo vero fine che è la conoscenza di Dio; ne fa lo strumento della trasformazione del cristiano ad immagine di Cristo: «Siate trasformati mediante il rinnovamento della vostra mente» (Rom.12:2).

«Pregare con l’intelligenza» sarà dunque, praticamente, pregare con riflessione.

La varietà, la spontaneità, la freschezza dello Spirito devono riflettersi nelle nostre preghiere: se noi facciamo uno sforzo per uscire dalle nostre abitudini stereotipate, esse si svilupperanno nel nostro dialogo con Dio.

Pregare con l’intelligenza, significa mettersi per intero in ascolto e a disposizione dello Spirito. Ecco come ci appaiono, nella loro perfetta complementarietà, i due aspetti della preghiera messi in luce dal nostro testo.

Volere soltanto «pregare con lo Spirito» sarebbe aprire la porta al misticismo, al soggettivismo, all’individualismo ed all’orgoglio spirituale.

Accontentarsi di «pregare con l’intelligenza» sarebbe cadere in un razionalismo stretto, rigido, arido e presuntuoso.

Cerchiamo di comprendere questo perfetto equilibrio nella preghiera.
Sia questo, veramente, il punto d’incontro e di armonia dello Spirito e del nostro essere tutto intero.
Sia la nostra la preghiera dello Spirito di Dio e dell’intelligenza restaurata dalla Bibbia.



RIASSUMENDO:

Come pregare?

La risposta ce la danno queste parole dell’Apostolo: «Io pregherò con lo Spirito, ma pregherò anche con l’intelligenza» (1 Cor. 14:15).

Vi sono dunque due elementi che condizionano tutto il meccanismo della preghiera. Pregare con lo Spirito e pregare con l’intelligenza.


Pregare con lo Spirito

Non c’è vera preghiera senza l’assistenza effettiva dello Spirito di Dio. Può accadere che noi preghiamo senza lo Spirito: ma allora le nostre non sono più che delle «vane ripetizioni.

In tal caso, la preghiera può tenere il posto d’un tranquillante psicologico; può avere una certa azione diretta su noi stessi, ma non oltrepassa la portata della nostra voce e soprattutto non ha alcun effetto su Dio.

Perché una preghiera sia davvero efficace, vale a dire, perché possa trovare esaudimento, occorre che essa sia conforme alla volontà di Dio.

Solo che non sempre noi conosciamo questo pensiero di Dio.

Lo stesso apostolo Paolo lo riconosce: «Noi non sappiamo pregare come si conviene», ma, lungi dal trarre da questa constatazione un pretesto allo scoramento, egli vi scopre la ragione dell’intervento dello Spirito Santo: «Lo Spirito sovviene alla nostra debolezza» (Rom. 8:26). L’aiuto dello Spirito è assolutamente essenziale. «Nessuno conosce le cose di Dio, se non lo Spirito di Dio»

L’intervento dello Spirito nella nostra preghiera si manifesterà dunque mediante il discernimento. Questo sarà il suo primo effetto sulla nostra preghiera.

Ma non è possibile, dunque, enunciare una regola generale.

La volontà di Dio nei confronti di uno dei Suoi figli non è la volontà di Dio nei confronti di un altro. Solo lo Spirito la può sondare e farcela conoscere.

Lo Spirito Santo c’è anche per aiutare coloro che non sanno pregare.

La preghiera dunque potrà essere indirizzata a Dio dall’uomo semplice come dal sapiente, da chi fatica esprimersi come da chi ha la parola facile.

La vera preghiera è l’opera dello Spirito.


Pregare con intelligenza

Non si dovrebbe credere che Dio si sostituisca alla nostra personalità o circuisca la nostra intelligenza. Lo Spirito Santo non sostituisce il nostro spirito. Non lavora al posto della nostra intelligenza, bensì attraverso essa.

Uno dei grandi problemi, ancora una volta, è quello di sapere che cosa chiedere.

Ci rendiamo perfettamente conto che, in teoria, l’assistenza dello Spirito è assolutamente essenziale, ma abbiamo altresì coscienza che, in pratica, tale assistenza pone molti problemi e spalanca la porta a molti pericoli.

Secondo quale criterio si potrebbe giudicare lo Spirito, in nome di quale logica si potrebbe opporsi a colui che si dicesse guidato dallo Spirito?

Tuttavia Dio non ci ha lasciati nell’oscurità completa. Egli ci ha dato dei fratelli per provare la nostra ispirazione, il nostro convincimento interiore.

I fratelli non sono di necessità la voce di Dio, ma grazie allo Spirito medesimo che è in loro, possono illuminare coloro che vogliano lasciarsi illuminare, confermare una convinzione personale, od al contrario mettere in guardia.

È forse per questo che, quando uno è malato, gli si consiglia di chiamare (Giac. 5:14-16). Non certo per la ragione che la preghiera di due o tre o quattro abbia maggiori possibilità di successo rispetto a quella d’uno solo dei figli di Dio, ma per il fatto che essa esige l’esercizio di un certo discernimento.

Innanzitutto Dio ci ha dato la Sua Parola. Lo Spirito che ci ispira è il medesimo Spirito che ha ispirato la Bibbia.

Lo Spirito che parla a noi, parla anche nelle Sacre Scritture, e queste due voci non possono contraddirsi.

Noi avremo dunque nel Libro - ed anche qui i fratelli potranno intervenire per aiutarci a comprenderlo ed interpretarlo - dei criteri, dei punti di riferimento per provare ogni convinzione e determinare se essa viene dallo Spirito di Dio oppure dal nostro spirito (Efes. 3:18).

Questo richiede uno studio serio ed intelligente della Parola di Dio. Se tale conoscenza non l’abbiamo, allora lo Spirito potrà intervenire direttamente per mezzo d’una certa intuizione spirituale.

Ma se noi abbiamo questa conoscenza della Sua Parola, allora Dio farà appello a questa intelligenza illuminata, ci inviterà alla riflessione che ci condurrà a provare i nostri pensieri alla luce delle Scritture (Efes. 4:13-15).

Dio non fa miracoli inutili: non ha creato l’intelligenza umana per poi scartarla al momento della sua nuova nascita. Al contrario, la illumina, la santifica e l’utilizza per il suo vero fine che è la conoscenza di Dio; ne fa lo strumento della trasformazione del cristiano ad immagine di Cristo.

«Pregare con l’intelligenza» sarà dunque, praticamente, pregare con riflessione.

Pregare con l’intelligenza, significa mettersi per intero in ascolto e a disposizione dello Spirito.

Accontentarsi di «pregare con l’intelligenza» sarebbe cadere in un razionalismo stretto, rigido, arido e presuntuoso.

Cerchiamo di comprendere questo perfetto equilibrio nella preghiera. Sia la nostra la preghiera dello Spirito di Dio e dell’intelligenza restaurata dalla Bibbia.